Onorevoli Deputati! - In sede di elaborazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, i ristretti limiti imposti dalla legge di delega non avevano consentito incisivi interventi sulle disposizioni a carattere sanzionatorio, contenute principalmente nelle abrogate leggi 1o giugno 1939, n. 1089, sulla tutela delle cose d'interesse artistico e storico, e 29 giugno 1939, n. 1497, sulla protezione delle bellezze naturali.
      Non erano tuttavia sfuggite alle competenti Commissioni parlamentari, chiamate a rendere il prescritto parere al riguardo, la necessità e l'urgenza di un riordino complessivo della materia, al fine di ammodernare il vetusto sistema delle sanzioni, adeguandolo ai princìpi costituzionali, alle esigenze di una mutata «filosofia» della tutela dei beni e al nuovo atteggiarsi dei fenomeni criminosi.
      Da allora vari gruppi di lavoro si sono succeduti per l'elaborazione di una disciplina che prevedesse l'adeguamento e il rafforzamento della tutela penale in materia di reati contro i beni culturali; mentre, parallelamente, si è registrata una crescente attenzione per le esigenze di tutela dei beni

 

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paesaggistici, sempre più spesso minacciati da interventi che ne mettono in pericolo la bellezza, che ha condotto ad affiancare ai lavori concernenti la nuova disciplina sanzionatoria relativa ai beni culturali lo studio di disposizioni volte a rafforzare la tutela penale in materia di reati contro il paesaggio.
      Le descritte esperienze costituiscono il sostrato del presente disegno di legge, elaborato in forma di legge di delegazione legislativa e finalizzato alla redazione di norme destinate a sostituire l'attuale disciplina sanzionatoria penale e a modificare quella amministrativa in materia di beni culturali e paesaggistici, dettata ai titoli I e II della parte quarta del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, di seguito denominato «codice».
      In linea con l'unanime avviso dell'odierna dottrina penalistica, il disegno di legge impone di elevare a delitto le forme più gravi di offesa al patrimonio culturale, affinché siano puniti nel modo più severo i comportamenti che suscitano, nell'attuale contesto storico, un maggiore allarme sociale - come il vandalismo, il furto d'arte, la ricettazione e l'illecita esportazione di beni culturali - e per i quali nessun altro tipo di sanzione, al di fuori di quella penale, sarebbe percepito come adeguato; e mantenere o declassare, invece, al rango di contravvenzioni le fattispecie di minore impatto.
      L'articolato è strutturato secondo una tripartizione mutuata dalla legislazione di settore e considera, in successione, fattispecie di reato riconducibili alla «conservazione», al «rinvenimento» e alla «circolazione» dei beni culturali.
      Rispetto alla vigente disciplina penale, si è in generale previsto un inasprimento delle pene, sia per segnalare il particolare grado di offensività della condotta, sia per garantire un più efficace espletamento dell'attività investigativa volta all'individuazione dei responsabili delle condotte medesime, con particolare riguardo alla possibilità di emanare provvedimenti coercitivi e di utilizzare più penetranti strumenti di investigazione.
      Il presente disegno di legge consta di tre articoli.

Articolo 1.

      L'articolo 1 detta, al comma 2, i princìpi e criteri direttivi per la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni culturali, riferiti alle singole fattispecie di reato.
      Alla lettera a) si chiede, in sostanza, di riformulare la disposizione di cui all'articolo 635, secondo comma, numero 3), del codice penale, come integrato dall'articolo 13 della legge 8 ottobre 1997, n. 352, onde perfezionare i termini descrittivi della fattispecie delittuosa, pur confermandola come circostanza aggravante del reato di danneggiamento, affiancando ad essa la previsione di una figura di danneggiamento colposo.
      L'entità della sanzione è stata aumentata nel massimo edittale.
      La previsione di cui alla lettera b) introduce nel nostro ordinamento penale l'aggravante del «furto d'arte».
      La previsione si giustifica con la particolare natura dell'oggetto tutelato, che conferisce al reato un «disvalore aggiunto» rispetto alla figura-base, determinato dall'avere sottratto il bene non soltanto alla disponibilità del proprietario, ma anche alla funzione pubblica cui è naturalmente rivolto (e che emerge in modo evidente, per i beni di appartenenza pubblica, dal disposto dell'articolo 2, comma 4, del codice), nonché al controllo da parte dell'amministrazione competente sulla sua conservazione e utilizzazione.
      Tecnicamente, la nuova figura è costruita come aggravante dei reati di furto e di furto in abitazione, da inserire nell'ambito dell'elencazione di cui all'articolo 625 del codice penale.
      In un Paese nel quale la quantità di reperti archeologici non rinvenuti supera ancora di gran lunga il numero di quelli ritrovati e le condotte abusive in ordine agli stessi (ad esempio quelle dei cosiddetti «tombaroli») sono tipiche e radicate, al punto da arrecare gravi danni al patrimonio culturale sia per la perdita del bene in

 

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sé sia per l'inidoneità tecnico-scientifica dei metodi di ricerca e di recupero, è indispensabile prevedere specifiche figure di reato che sanzionino efficacemente tali condotte, anche al fine di prevenirne i perniciosi effetti.
      In quest'ottica va riguardata la previsione di cui alla lettera c), avente ad oggetto appunto il delitto di ricerca archeologica abusiva, condotta attualmente punita come contravvenzione dall'articolo 175, comma 1, lettera a), del codice.
      Al riguardo, si è posta preliminarmente la questione se il riconoscimento della dignità di delitto ad un reato di pericolo fosse in contrasto con i princìpi di offensività e di residualità della tutela penale di massimo grado. Ci si è determinati per la soluzione negativa, essendo emerso con evidenza che il danno arrecato dalla ricerca abusiva non è soltanto potenziale, in quanto necessario prodromo di una probabile sottrazione del bene rinvenuto, ma anche attuale, poiché l'uso indiscriminato di strumenti di ricerca del tutto impropri da parte di soggetti non professionalmente qualificati pregiudica, nella gran parte dei casi, la possibilità di ricostruire correttamente il contesto archeologico nel quale la ricerca è effettuata, indipendentemente dall'esito della stessa.
      Oltre a riproporre in forma di delitto la fattispecie di reato prevista dalla disposizione attualmente vigente, si è ritenuto di accrescerne l'effacacia deterrente attraverso la previsione di un sensibile incremento di entrambe le sanzioni previste: quella incidente sulla libertà personale (suscettibile di essere aumentata fino a due anni nel massimo) e quella pecuniaria (per la quale viene indicato un aumento, nel massimo, di circa sei volte).
      La tutela penale contro la ricerca abusiva è rafforzata dalla previsione di un'aggravante se essa sia compiuta con «strumenti per il sondaggio del terreno o apparecchiature per la rilevazione dei metalli», dei quali si chiede di prevedere sempre la confisca; nonché dalla richiesta introduzione, alla lettera v), di una figura di reato contravvenzionale per il possesso ingiustificato di strumenti di sondaggio del terreno o di apparecchiature per la rilevazione dei metalli in area archeologica.
      La disposizione di cui alla lettera d) è volta a introdurre nel sistema di tutela penale del bene culturale una figura qualificata di ricettazione, che completa la disciplina dei reati incidenti sulla conservazione e sui modi di ritrovamento di beni culturali.
      In linea con i criteri che informano il presente disegno di legge e in considerazione del fatto che - anche e, forse, soprattutto nel campo dei beni culturali - la ricettazione rappresenta la più diffusa forma di sostegno al responsabile delle condotte delittuose prima contemplate, tale addirittura da incentivare la commissione del reato presupposto, si è ritenuto di dover procedere ad una revisione quantitativa della sanzione prevista dall'ipotesi generica (articolo 648 del codice penale). E, stante l'entità già consistente della pena comminata dal codice in termini di restrizione della libertà personale, si è scelto di intervenire solo sulla sanzione pecuniaria, prevedendone un aumento di due volte nel massimo.
      Una prima novità è rappresentata dalla richiesta d'introdurre nell'ambito delle condotte punite, in sede di formulazione della disposizione sanzionatoria, la detenzione del bene culturale, al fine di conferire al reato una valenza permanente e così contrastare più efficacemente i ridotti termini prescrizionali, nonché, nei casi più gravi, di procedere all'arresto, potendo ricorrere il requisito della flagranza. Un'altra innovazione è costituita dalla richiesta di prevedere l'applicabilità di dette sanzioni anche nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo.
      Nel caso dei delitti di «alienazione illecita», di cui alla lettera e), l'unica modifica rispetto alla disposizione attuale - dettata dall'articolo 173, comma 1, lettere a) e b), del codice - è rappresentata da un sensibile aumento dei massimi edittali.
      La previsione della lettera f) si riferisce alla disposizione dell'articolo 174 del codice,
 

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che punisce l'uscita illecita di beni culturali dal territorio nazionale, la quale, a' termini dell'articolo 65 del codice medesimo, si ha quando si trasferisce all'estero un bene per il quale è stabilito il divieto di uscita, ovvero un bene la cui uscita è ammessa previa autorizzazione dell'ufficio di esportazione; nonché il mancato rientro di beni culturali alla scadenza del periodo per il quale ne sia stata autorizzata l'uscita temporanea.
      Rispetto alla norma vigente, la delega richiede, da un lato, un ridimensionamento della fattispecie delittuosa in modo da limitarne la configurabilità in relazione a beni il cui valore superi le soglie stabilite, con riferimento alle singole tipologie di bene, dall'allegato A annesso al codice. Tale scelta si ritiene opportuna allo scopo di adeguare la risposta punitiva al valore del bene illecitamente trasferito all'estero.
      Dall'altro lato la delega impone, invece, un ampliamento delle condotte integrative della fattispecie in argomento, prevedendo la sanzionabilità anche dell'illecita detenzione del bene culturale all'estero, nonché del fatto di chi, pur non detenendolo, mantenga il bene fuori dei confini nazionali adottando condotte ostative al suo rientro.
      Sono inoltre stabiliti l'aumento della pena e il ripristino del cumulo tra pena detentiva e pena pecuniaria, previsto dalla disposizione originaria (articolo 66 della legge n. 1089 del 1939), ma soppresso - presumibilmente per una svista - dall'articolo 23 della legge 30 marzo 1998, n. 88, poi riprodotto senza modifiche nel citato testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, e di qui ripreso dal codice senza ovviare all'errore.
      La lettera g) interviene sulle disposizioni del vigente articolo 178 del codice, che punisce varie figure delittuose accomunate dall'avere ad oggetto tanto beni culturali propriamente detti quanto opere d'arte contemporanea falsificati.
      E infatti esso richiede al legislatore delegato di differenziare le due categorie di beni protetti, che l'attuale disciplina tratta unitamente sotto la dizione di «opere di pittura, scultura e grafica, oggetti di antichità o di interesse storico o archeologico», mutuata dalla normativa originaria (legge 20 novembre 1971, n. 1062) e diversa, dunque, dalla locuzione «beni culturali» ordinariamente utilizzata dalla parte seconda del codice.
      La ragione di tale formula riposa nel fatto che la citata legge del n. 1062 del 1971, recante «Norme penali sulla contraffazione od alterazione di opere d'arte», aveva un ambito applicativo più ampio rispetto a quello delle altre disposizioni di tutela confluite dapprima nel menzionato testo unico del 1999 e poi nel codice, estendendosi anche alle opere d'arte contemporanea; e tale maggiore estensione, confermata da questi ultimi due testi, è stata appunto evidenziata attraverso la differenza terminologica.
      Le figure del falso d'arte considerate sono quelle tradizionali: contraffazione, alterazione e riproduzione. Contraffazione è la creazione di un'opera con l'intento di farla apparire, per qualità o provenienza, diversa da quella che in effetti è. Alterazione è la modifica di un'opera originale in modo da attribuirle caratteristiche che in precedenza non aveva. Riproduzione è l'esecuzione non autorizzata di una copia dell'opera o dell'oggetto autentici. Il termine «riproduzione» è evidentemente riferito solo alle opere di grafica (disegni, incisioni, acqueforti, stampe, litografie eccetera), perché ogni copia di un' opera di pittura o scultura, quando non è dichiarata tale, costituisce una contraffazione; esso, pertanto, può riferirsi anche all'uso non autorizzato, o non dichiarato, di matrici, bozzetti eccetera.
      Per la particolare valenza offensiva della condotta, ma anche ai fini dell'efficacia dell'attività investigativa, si è previsto un sensibile innalzamento dei massimi edittali della pena (detentiva e pecuniaria).
      Si è stabilito altresì di introdurre la figura delittuosa della ricettazione dei falsi, da assoggettare alla medesima pena della falsificazione; e di prevedere, in caso
 

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di condanna, la confisca e la distruzione dei falsi. Si consente, tuttavia, alla competente autorità di valutare l'eventuale interesse culturale degli esemplari confiscati e, in caso positivo, di chiederne la custodia. Esiste, infatti, un «falso d'arte» al quale si può certamente riconoscere un interesse culturale e che merita, perciò, di essere conservato ed eventualmente esposto a scopo didattico. In quest'ultimo caso gli esemplari sono comunque sottratti alla circolazione.
      La regolamentazione delle modalità di acquisizione e di custodia dei falsi da parte dell'amministrazione potrà trovare sede appropriata nelle disposizioni di un apposito decreto ministeriale di attuazione del codice.
      Alla lettera h) è prevista l'introduzione di una figura speciale del delitto di riciclaggio, integrata dalle condotte tipiche della figura-base, delineata dall'articolo 648-bis del codice penale, quando abbiano ad oggetto operazioni compiute in relazione a:

          1) beni culturali o cose indicate nell'articolo 10 del codice provenienti dalle diverse tipologie del «furto d'arte»;

          2) cose false;

          3) denaro, beni materiali e altre utilità provenienti dai delitti di ricettazione di beni culturali o di falsi.

      Anche qui si è stabilito di prevedere l'applicabilità delle sanzioni comminate nel caso in cui l'autore del delitto dal quale il bene proviene non sia imputabile o punibile ovvero manchi una condizione di procedibilità riferita al delitto medesimo.
      Le lettere da i) a m) dispongono affinché i reati considerati alle lettere precedenti, in sede di decreto delegato, siano accomunati:

          1) dall'aumento della sanzione da un terzo a due terzi se il fatto produca un danno di rilevante gravità al patrimonio culturale ovvero sia commesso nell'esercizio di un'attività professionale;

          2) dall'applicabilità delle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali previste, rispettivamente, dagli articoli 28 e 30 del codice penale. La previsione di tale pena accessoria appare di grande efficacia dissuasiva nei confronti dei soggetti più favoriti nel compimento dei delitti in questione, in particolare di coloro che esercitano attività di vendita al pubblico o di esposizione di beni culturali a fini di commercio;

          3) dalla subordinazione del beneficio della sospensione condizionale della pena alla realizzazione dei fatti di cui all'articolo 165, primo comma, del codice penale (restituzioni, risarcimento del danno, eliminazione delle conseguenze dannose, prestazione di attività non retribuita a favore della collettività), «qualora ricorrano determinati presupposti, riferiti alla capacità economica, all'ufficio pubblico o all'attività professionale o imprenditoriale del reo, da individuare tassativamente, secondo le modalità e nei tempi indicati dal giudice nella sentenza di condanna».

      Alla lettera n) si prevede che la disposizione premiale di cui all'articolo 177 del codice (riduzione della pena da uno a due terzi a fronte della collaborazione decisiva per il recupero del bene) sia estesa a tutte le fattispecie delittuose concernenti i beni culturali, danneggiamento escluso. Ma, in relazione a tale ultima fattispecie, è stabilito che la norma premiale possa essere applicata in caso di danno minimo.
      Le lettere da o) a r) si propongono di arricchire lo strumentario a disposizione degli inquirenti introducendo nella disciplina di settore misure di prevenzione e repressive, o semplicemente operative, spesso pensate e applicate in relazione a realtà criminose affatto diverse. In particolare, si richiede di:

          1) introdurre disposizioni che escludano la punibilità degli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria impegnati nell'attività di repressione dei delitti in materia di beni culturali e prevedano la possibilità di assegnare

 

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al Ministero per i beni e le attività culturali i beni mobili e immobili e le somme di danaro confiscati a seguito di condanna per uno dei delitti medesimi, sul modello degli articoli 97, 98 e 100 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;

          2) introdurre disposizioni sulle attività di contrasto dei delitti in materia di beni culturali commessi mediante l'impiego di sistemi informatici o mezzi di comunicazione telematica ovvero utilizzando reti di telecomunicazione disponibili al pubblico, nonché sull'affidamento del materiale e dei beni sequestrati in custodia giudiziale, a richiesta, agli organi di polizia giudiziaria per l'impiego nelle attività di repressione dei suddetti delitti, sul modello di quanto previsto dall'articolo 14 della legge 3 agosto 1998, n. 269 («Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»);

          3) introdurre disposizioni in materia di indagini, misure di prevenzione di carattere patrimoniale e divieti (concernenti il rilascio di licenze, concessioni, iscrizioni, autorizzazioni, abilitazioni eccetera) modellate su quelle di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575 («Disposizioni contro la mafia»), in relazione ai soggetti indicati dall'articolo 1, numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 («Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità»), quando l'attività delittuosa da cui si ritiene derivino i proventi realizzati dai medesimi abbia ad oggetto beni culturali.

      La lettera s) contiene la previsione della conferma della contravvenzione di cui all'articolo 170 del codice («Uso illecito»), in relazione alla quale si è tuttavia stabilito un aumento del massimo edittale della pena (detentiva e pecuniaria).
      La lettera t) contempla la trasformazione in contravvenzione dei delitti di cui all'articolo 174, commi 1 e 2, del codice («Uscita o esportazione illecite») allorché abbiano ad oggetto beni culturali di valore inferiore alle soglie indicate nell'allegato A annesso al medesimo codice.
      La lettera u) prevede la riformulazione della contravvenzione di cui all'articolo 175, comma 1, lettera b), del codice, che attualmente punisce allo stesso modo chi non denuncia nel termine stabilito le cose ritrovate fortuitamente nel sottosuolo e chi non ne cura la conservazione temporanea, secondo quanto prescritto dall'articolo 90 del medesimo codice. Si richiede una pena più severa (il raddoppio della pena detentiva e la triplicazione della pena pecuniaria) per la prima condotta, che dovrà essere descritta in modo da sanzionare più che il fatto formale dell'omissione di denuncia il fatto sostanziale della detenzione del bene non denunciato.
      I commi 3, 4 e 5, infine, dispongono in merito all'indicazione esplicita delle norme sostituite o abrogate dal decreto legislativo delegato, all'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e alla possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

Articolo 2.

      L'articolo 2 detta, al comma 2, i princìpi e criteri direttivi concernenti la riforma della disciplina sanzionatoria in materia di beni paesaggistici, con riferimento alle singole fattispecie di reato.
      Alle lettere a) e b) sono previsti il riordino e la razionalizzazione delle condotte lesive del bene paesaggistico mediante il coordinamento delle fattispecie contravvenzionali di cui all'articolo 734 del codice penale e all'articolo 181 del codice.
      Già in sede di predisposizione del citato testo unico di cui al decreto legislativo 29

 

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ottobre 1999, n. 490, venne, infatti, in evidenza l'irrazionalità del sistema sanzionatorio concernente i beni paesaggistici, soprattutto a causa del mancato coordinamento tra l'articolo 734 del codice penale e l'articolo 1-sexies del decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431 (il cui contenuto è stato ripreso prima dall'articolo 163 del citato testo unico e successivamente dall'articolo 181 del codice), e delle conseguenti difficoltà interpretative. Ma i limiti della relativa delega non consentirono ai compilatori del provvedimento d'intervenire sulla normativa richiamata; così come, per gli stessi motivi, lo stesso intervento risultò precluso anche alla Commissione incaricata dell'elaborazione del codice.
      Va osservato come per il reato di danno contemplato dall'articolo 734 del codice penale sia prevista una mera sanzione pecuniaria, peraltro allo stato del tutto inadeguata, mentre per quello indicato dal citato articolo 1-sexies, che si configura quale reato di pericolo, il legislatore abbia previsto in forma congiunta pena detentiva e pena pecuniaria, attraverso il rinvio quoad poenam all'articolo 20 della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Rinvio che è stato poi giurisprudenzialmente circostanziato alla lettera c) del primo comma del medesimo articolo 20.
      Va ulteriormente rammentato che, dopo l'entrata in vigore del codice, l'articolo 181 è stato oggetto di integrazione da parte dell'articolo 1, comma 36, della legge 15 dicembre 2004, n. 308, che ha introdotto i commi da 1-bis a 1-quinquies; mentre il già menzionato articolo 20 della legge n. 47 del 1985 era stato abrogato dall'articolo 136 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e le sue norme erano state ridisciplinate dall'articolo 44 dello stesso testo unico.
      In considerazione di ciò, la presente legge di delega richiede:

          1) la trasformazione della contravvenzione di cui all'articolo 734 del codice penale nel delitto di «danneggiamento di bene paesaggistico»;

          2) la riformulazione della contravvenzione di cui all'articolo 181, comma 1, del codice, da trasformare in delitto;

          3) la parificazione delle sanzioni, sensibilmente aumentate sia quanto a pena detentiva sia quanto a pena pecuniaria, e la loro estensione anche ai casi di inosservanza del divieto di esecuzione o dell'ordine di sospensione dei lavori, impartiti a norma dell'articolo 150 del codice;

          4) la revisione del sistema delle aggravanti previste al comma 1-bis dell'articolo 181 citato.

      La lettera c) prevede la nuova figura criminosa della «frode in materia paesaggistica», modellata sull'articolo 452-decies del codice penale di cui il disegno di legge atto Camera n. 2692 recante «Disposizioni concernenti i delitti contro l'ambiente. Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della relativa disciplina», recentemente approvato dal Consiglio dei ministri e presentato alle Camere, propone l'introduzione.
      Alla lettera d) viene stabilito che il sequestro effettuato ai sensi degli articoli 253 e 354 del codice di procedura penale si estenda alle cose mobili e immobili utilizzate per la commissione dei reati di cui alle lettera a) e b).
      Le lettere da e) a g) riproducono le indicazioni già contenute all'articolo 1 del presente disegno di legge in ordine alle sanzioni accessorie dell'interdizione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio o dalle attività professionali o imprenditoriali, all'applicabilità del beneficio della sospensione condizionale della pena e alle misure premiali.
      Anche nel caso dell'articolo 2, i commi 3, 4 e 5 dispongono in merito all'indicazione esplicita delle norme sostituite o abrogate dal decreto legislativo delegato, all'acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari e alla possibilità di adottare disposizioni correttive e

 

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integrative entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo medesimo.

Articolo 3.

      L'articolo 3 prevede un piano di assunzioni straordinarie finalizzate all'incremento della fruizione degli istituti e dei luoghi di cultura nonché al reperimento di personale specializzato destinato al rafforzamento della tutela dei beni culturali.
      È prevista, a decorrere dall'anno 2008, l'assunzione per concorso di 400 unità di assistenti tecnici museali e di 100 unità di architetti, archeologi, storici dell'arte e amministrativi.

 

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